
29/01/2022
Finalmente dopo circa due anni dal corso in Accademia delle Arti Casearie trovo un momento per far visita ad Irene, che con orgoglio posso affermare essere stata mia docente. Mi accoglie nella tenuta privata di proprietà Foradori (Azienda Agricola vitivinicola che dal 2019 ha intrapreso un progetto che oltre al vino sviluppa una parte legata all’allevamento della Grigio Alpina e alla trasformazione del latte e una parte dedicata alla coltivazione degli ortaggi).

La storia di Irene inizia molto in là nel tempo, dalle 8 vacche della nonna, una storia di famiglia, tradizione di allevamento e interesse per il prodotto del territorio.
A 16 anni Irene è già immersa in Malga Cavallara, la malga di famiglia nel comune di Castello Tesino.
Quella in malga è una vita che guarda all’essenziale delle cose al rapporto quotidiano e diretto con l’animale e la materia prima.

E soprattutto è una vita scandita dal tempo della natura, aspetto banale quanto perduto. Questo tipo di lavoro ti dà la “possibilità di vivere in contatto con la natura e di avere un rapporto diretto con il cliente. Produrre e vendere ciò che hai prodotto dà grandi soddisfazioni“.
“Diverso è avere a che fare con gli animali, si ha un’altra percezione delle cose“.

Inizio la nostra chiacchierata di fronte ai suoi formaggi, con il chiederle come sta in questo momento lavorativo e di vita,
“sono complessivamente contenta” – afferma Irene – “Prima di fare il formaggio, continua, c’è tutta una consapevolezza da avere”
Comprare il latte soltanto, non ti permette di avere una visione totale, ti manca un pezzo. Ed è proprio quel “pezzo”, latte, che Irene cura e
valorizza e soprattutto ascoltando e curando le sue vacche.
Lavorando a latte crudo è totalmente diverso. “E’ importante avere consapevolezza della materia prima che si sta utilizzando”
“Volevo scoprire” – continua Irene – “e capire quanto c’è di narrazione in questo mondo; detesto l’ottica dell’allevatore etichettato come poverino è sempre che lavora h24 senza sosta”…“si certo la fatica c’è, il sacrificio è tanto quanto uno se lo sceglie”



Irene è dell’idea che se intraprendi una strada e la vivi a ritmi frenetici e senza sosta, è per tua scelta.
Certo bisogna riuscire a far tutto e non lasciare indietro niente anche restando in piedi comunque con costi pazzeschi da sostenere.
“…o fai vedere solo la parte bella, romantica, quasi fiabesca, o solo e soprattutto quella critica; ci vuole forse una via di mezzo”
Bisogna cercare di sfatare il mito del “a me piacerebbe vivere in montagna, il sole, l’aria fresca, le caprette, i fiorellini…” “tutto vero ma è richiesto un impegno non indifferente anche solo per mantenere in salute gli animali e se stessi”.

Con Irene tocchiamo anche il concetto di sostenibilita‘ e a tal proposito nei giorni precedenti, mi ero annotato qualche passo di un articolo trovato sulla rivista Informa, magazine di cultura casearia curata da Onaf (Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Formaggi). Nella fattispecie l’articolo di Michele Faccia “Il formaggio sostenibile sara’ territoriale e di precisione” riporta alcuni dei seguenti passaggi di cui mi sono come detto, annotato.
“Sebbene esistano criticità da gestire, la produzione di latte e derivati continuera’ ad esistere, ma la sua sostenibilita‘ dovra’ essere migliorata. Tra gli indicatori di sostenibilita’ ci sono le emissioni gassose inquinanti, la produzione di rifiuti impattanti sull’ambiente, il consumo di energia, di acqua e di suolo, il benessere animale e umano, il livello degli sprechi e della produzione degli scarti non edibili, fino all’equa remunerazione degli operatori agricoli e la tutela del paesaggio rurale”. (dal testo)
Il risultato ottenuto andra’ valutato in modo prospettico, immaginando gli scenari alternativi. Quale dovra’ essere la direzione di marcia nella produzione di formaggi? Sara’ necessario migliorare alcuni aspetti che riguardano piu’ la stalla che il caseificio. Volendo riassumere: per la stalla nella riduzione delle emissioni di gas serra e il consumo di acqua e di suolo, mentre per il caseificio bisogna puntare all’ottimizzazione dei consumi energetici e alla riduzione della produzione di rifiuti potenzialmente inquinanti. Gli indicatori di sostenibilita’ si possono quindi riassumere:
- EMISSIONI DI GAS SERRA (ANIDRIDE CARBONICA, METANO, PROTOSSIDO DI AZOTO, AMMONICA)
- PRODUZIONE RIFIUTI
- CONSUMO DI ENERGIA
- CONSUMO DI ACQUA E SUOLO
- BENESSERE ANIMALE
- SALUBRITA’ E SICUREZZA
- SCARTI E SPRECHI
- EQUA REMUNERAZIONE DELL`ALLEVATORE
- TUTELA DEL PAESAGGIO RURALE
- BIODIVERSITA’

Ma facciamo un passo indietro, Irene Piazza ha 28 anni e fa la casara da quando ne ha 16. È nata a Feltre (BL), dove i genitori hanno un’azienda agricola con un centinaio di capi. Ha iniziato per caso mentre studiava al Liceo Pedagogico. Oggi lavora in Trentino con Elisabetta Foradori.
Dopo i primi tre anni di attività, ricerca, errori e tentativi, decide di iscriversi alla facoltà di Scienze e Cultura della gastronomia e della ristorazione, laureandosi nel 2017.
Nel frattempo ha cercato di consolidare la sua formazione facendo brevi esperienze in piccole latterie.
Dal 2015 al 2016 ha lavorato presso la Latteria Perenzin, vivendo tutti i reparti per poter comprendere al meglio i sistemi caseari.
È stato lavorando alla latteria Perenzin di Conegliano Veneto che Irene ha avuto la possibilità di imparare a lavorare in modo diverso il latte e a non produrre solo i formaggi classici della montagna. “Lavorano capra, bufala e vacca, commercializzando formaggi da tutta Europa”. Negli stessi anni ha collaborato con l’Accademia Internazionale delle Arti casearie, affiancando il direttore Carlo Piccoli in attività di ricerca, docenza e consulenza.
Tutto questo continuando a seguire l’ attività di casara di Malga che pian piano cresceva dando grandi soddisfazioni.
La sua formazione universitaria l’ha portata a seguire diversi eventi legati alla promozione del formaggio come prodotto gastronomico e a collaborare con diversi ristoranti nella produzione di nuovi formaggi.
Da novembre 2017 ad ottobre 2018 segue le produzioni biologiche di Lattebusche nello stabilimento sito a Padola, in Comelico Superiore, occupandosi delle produzioni biologiche ma comunque all’interno di un sistema industrializzato, utilizzando latte pastorizzato.
Da novembre 2018 si occupa di formazione e consulenza. Segue come docente diversi corsi privati e pubblici di formazione base per casari e di formazione specifica per addetti al banco.
Come consulente si occupa di progettazione di nuovi formaggi, avviamento di caseifici di medie e piccole dimensioni, miglioramento dei processi di stagionatura e affinamento; in ambito gastronomico della creazione di piatti, abbinamenti e carrelli dei formaggi.

“Ho smesso di fare il formaggio e ho iniziato a lavorare come insegnante, all’Accademia internazionale delle Arti Casearie. Con il primo lockdown, però, sono rimasta a casa. In quel momento ho iniziato a leggere, a riflettere, mentre preparavo la nuova stagione in malga ho immaginato che avrei voluto trovare un piccolo caseificio tutto per me, con un’azienda che producesse un buon latte da trasformare” sottolinea Irene. Incontrando le Grigio Alpine di Elisabetta non ha trovato solo del buon latte ma anche il progetto di un organismo agricolo complesso da valorizzare.



Quella di Irene è una storia ancora da scrivere. Irene oggi sta cercando la quadra e forse l’ha trovata. Il motivo del titolo dell’articolo ‘Io, me e Irene’ è molto semplice, perché Irene ora sembra avere racchiuso in un’unica persona diverse figure professionali che rappresentava.

Oggi è appassionata, casara, consulente, docente, malgara, amica, figlia, sorella, allevatrice, riferimento per molti casari…in una parola IRENE.
Prossimamente nel mio Pillole di Caseus vi faccio conoscere i suoi formaggi
Una opinione su "Io, me, Irene (e) Piazza"